12 Feb 2016
Maria Giuseppina Biddau
Posts by Giuseppina Biddau:
12 Feb 2016
C’è un elefante in salone
12 Feb 2016
C’è un elefante in salone 2
11 Feb 2016
Non mi lasciare per uno str…..Solo IO posso darti la felicità
18 Gen 2016
L’importanza dell’espulsione
Più la mente è tranquilla, più fai chiarezza. Hai notato che quando sei assorto nei tuoi pensieri, nel fare qualcosa di interessante, che richiede attenzione e che sai fare, la tua mente si calma. Non so se hai notato… più tenti di respingere il dolore, le preoccupazioni, più crei tensione.
E in un modo o nell’altro quella tensione deve uscire fuori (mi vengono in mente tutte metafore schifide da farti…Oh ma se serve per la consapevolezza questo ed altro.
Pensa alla numero due! All’innominata! Alla cacca :). Hai capito bene a quella cosa che fa puzza che facciamo tutti, ma che alcune donne non fanno o se la fanno la loro non puzza. Immagina il casino se non uscisse, o se tu tentassi di tenerla dentro. Stitichezza, mal di pancia, ecc…ecc…Ecco i tuoi pensieri disturbanti, le preoccupazioni sono come la cacca. Devono uscire. O come il respiro entra ossigeno che serve per vivere e il nostro corpo restituisce anidride carbonica e ancora pensa alla pelle. Tutto ciò che entra deve per forza uscire, trasformato , ma deve uscire).
Il training autogeno, la meditazione, la mindfulness, l’attenzione al respiro sono strumenti che ti permettono di fare questo. Tutte tecniche che non combattono i pensieri che si avvinghiano alla tua mente.
Anzi… Osservazione non giudicante, Concentrazione passiva, e Allenamento.
Qualcuno potrà dire: Aria fritta. L’ho provato e non ci credo.
Ed io controbatto con un noto slogan “Studi scientifici lo dimostrano”, fortunatamente la psicologia non si avvale di assiomi o dogmi, ma di statistica inferenziale, che è una cosa fighissima e si discosta dalle opinioni che come tali sono opinabili.
L’allenamento lo lascio in sospeso. Prima o poi scrivo qualcosa anche su di lui.
30 Lug 2015
Una riflessione su vulnerabilità vs resilienza
Non ci può essere resilienza senza vulnerabilità.
La vulnerabilità è l’altra faccia della medaglia.
Ieri mattina leggevo i vari quotidiani online e la notizia che più mi ha colpito è stata quella di
Bailey: 8 anni e una paralisi cerebrale Finisce il triathlon e corona il sogno
Quanta vulnerabilità in Bailey eppure quanta resilienza. Questo bambino è riuscito ad andare oltre il suo personale dramma, come i suoi genitori che facevano il tifo per lui. La vita sferra un colpo e Bailey risponde con altrettanta forza, tenacia e umiltà.
Vulnerabilità proviene da vulnus, ferita. Vulnerabile: Che può essere ferito (Corriere della sera). Mi salta all’occhio il poter essere. Vulnerabile dunque non è colui che è ferito e non si può muovere. Ma colui che può essere ferito. E’ possibile, ma non è detto che questo avvenga. La vulnerabilità dunque, non è uno stato. Più si è flessibili e adattabili e meno questa ferita lacera e lascia inermi.
Bailey come la sua mamma e il suo papà non si sono fatti ingabbiare dalla categoria handicap con il rischio di perdere di vista le risorse. Sono riusciti a trasformare la vulnerabilità in resilienza.
Se vuoi approfondire su come educare alla resilienza te stesso e i tuoi figli Clicca qui
30 Lug 2015
A proposito di resilienza
“Voglio quella macchinina!!!”
“No, niente macchinina!”
“Sì!”
“No!”
“Sììììììììììììì!”
“E va bene…vuoi la macchinina? Te la compro”.
Tuo figlio al supermercato vuole una macchinina da 2 € e dopo il tuo no comincia a fare una scenata. Cedi per evitarla e gliela compri. Ecco, in questo modo non gli stai insegnando la resilienza.
Che cos’è la resilienza?
È, in breve, la capacità di reagire alle difficoltà e alle sfide della vita, trasformandole in opportunità e andando avanti nonostante le delusioni e le frustrazioni. Si tratta di una risorsa indispensabile, insieme all’autostima, per crescere affrontando la vita a testa alta.
Una persona dotata di resilienza è una persona più felice. Vorresti aiutare tuo figlio a diventarlo?
Vediamo come:
1. Dai a tuo figlio la possibilità di provare a fare nuove cose, anche se ti sembra che siano troppo difficili per lui, dall’arrampicarsi al parco giochi all’aprire un barattolo.
2. Incoraggialo a rendersi utile agli altri e a “servirli”, per esempio dando ad altri bambini la precedenza quando c’è del cibo da condividere.
3. Fai in modo che tuo figlio impari ad aspettare con pazienza il suo turno, al ristorante o alle giostre per esempio, senza avere nulla con cui intrattenersi (tablet, videogiochi, cibo…)
4. Fai capire a tuo figlio che è molto meglio prendere buone decisioni che avranno effetto a lungo termine, anche se non sono le più semplici; per esempio mangiare cibo sano, anche se si impiega più tempo a prepararlo.
5. Non dare a tuo figlio qualsiasi cosa lui desideri – giocattolo, cibo, vestiti – soltanto perché “ce l’hanno tutti”.
6. Insegna a tuo figlio che le cose materiali sono soltanto “cose” e che non soddisfano il nostro desiderio di felicità. Incoraggialo, per esempio, a regalare periodicamente alcune delle sue cose ad associazioni benefiche.
7. Dagli modo di aiutare i bambini più piccoli di lui e di intrattenerli, per esempio sfogliando con loro un libro e mostrandogli le figure.
8. Insegna a tuo figlio ad affrontare le difficoltà e gli ostacoli, non a evitarli. Ripetigli ad esempio frasi come “Passerà anche questa” o “Le sfide ti rendono più forte”.
9. Fai in modo che tuo figlio mantenga un atteggiamento positivo verso i suoi impegni e i compiti scolastici, trovando un modo divertente di affrontarli.
10. Insegna a tuo figlio ad aspettare il pasto principale, senza mangiare snack in continuazione.
11. Raccomanda a tuo figlio di essere paziente quando il fratellino lo disturba nei suoi giochi, dimostrandogli che le relazioni sono più importanti delle cose.
12. Aiutalo a esercitare l‘autocontrollo riguardo all’uso degli strumenti elettronici, dimostrandogli che anche tu ne limiti l’uso a determinati momenti.
13. Permetti a tuo figlio di affrontare le diverse condizioni climatiche vestendosi in modo adeguato, invece di fuggirle.
14. Resisti alla tentazione di accorrere subito in aiuto di tuo figlio quando ha difficoltà nel fare qualcosa, per esempio vestirsi o mangiare. Lascialo provare da solo.
15. Insegna a tuo figlio a non interrompere gli altri quando parlano e a rispettare il proprio turno.
16. Offri a tuo figlio molte occasioni per condividere le sue cose e il suo cibo con gli altri, insegnandogli a essere generoso.
17. Fai vivere a tuo figlio nuove esperienze che lo facciano uscire dalla sua “zona di comfort”, per esempio giocare con bambini che parlano un’altra lingua o assaggiare nuovi piatti.
18. Non cedere quando hai fissato un limite importante, riguardo per esempio alla quantità di tempo da trascorrere davanti alla tv, al tablet o a quanti biscotti mangiare.
19. Quando tuo figlio ha bisogno di trovare qualcosa, lascia che lo cerchi.
20. Insegna a tuo figlio il prima possibile a prendersi cura dei suoi abiti, dividendoli, mettendoli a posto, lavandoli a mano e stendendoli.
21. Incoraggia tuo figlio a fare del suo meglio a scuola, anche quando questo richiede qualche sacrificio.
22. Esigi che tuo figlio si prenda le sue responsabilità e svolga i suoi doveri, come rifare il letto, fare il bagno, dar da mangiare agli animali domestici, lavarsi i denti.
23. Insegnagli ad essere grato per ciò che ha e a trarre il meglio da ogni situazione.
24. Lascia che tuo figlio viva in pieno i propri sentimenti, anche quando sono dolorosi o difficili da sopportare, ripetendogli anche frasi come “Ogni sfida mi rende più forte”, “Dopo la tempesta arriva sempre il sereno”. Non sminuire mai le sue emozioni, ma aiutalo a riconoscerle e affrontarle.
25. Fai in modo che tuo figlio possa apprezzare maggiormente la sua vita incoraggiandolo a fare volontariato per associazioni benefiche, in cui possa rendersi conto che esistono persone che non hanno il suo stesso stile di vita.
Naturalmente, ogni bambino è unico e avrà bisogno di diversi strumenti, in tempi diversi, per imparare ad affrontare in modo efficace la vita e le sue sfide. Trovare un equilibrio tra il proteggerlo e il renderlo autonomo è un dovere di tutti i genitori, e un diritto per ogni bambino
Articolo da Mamme Imperfette
Se vuoi approfondire leggi anche Educare alla resilienza
27 Lug 2015
Educare alla resilienza
Stamattina ero in fila sull’Asse mediano direzione Cagliari e ascoltavo uno dei tanti notiziari. Mi ha colpito la scomparsa della figlia di Whitney Houston.
“Bobby Kristina non si era mai realmente ripresa dal dolore e dallo shock della morte della madre, aveva 22 anni”.
Mi ripetevo…Morta…Si è lasciata morire a 22 anni. Non ci posso credere. Non ci voglio pensare!
Resilienza Mancava di Resilienza.
Costruite giorno dopo giorno nei vostri bambini, ragazzi la capacità di affrontare le brutture della vita. Insegnategli che a tutto c’è rimedio, anche alla morte di una persona cara. In che modo? Dalle piccole e stupide cose che ti accadono tutti i giorni. Si brucia la torta. Pazienza! Togliamo la parte bruciata e facciamo una crema e la farciamo insieme. Si rompe il phon lo porto ad aggiustare. Non si può aggiustare? Meglio così, compro quello galattico. Dalle stupide e piccole cose. Si vabbeh! Ma vuoi mettere la morte di una persona con una torta bruciata…Ovviamente No.
Voglio mettere… allenarsi e allenare i nostri figli a trovare valide e diverse soluzioni a ciò che capita nella vita. Questo sì!
La resilienza è una “ripartenza. Un’inversione di tendenza a seguito di un “rimbalzo” come indica la voce latina “resalio”.
Resilienza” è un termine per lo più attribuito alla metallurgia, infatti è un termine derivato dalla scienza dei materiali che indica la proprietà che alcuni materiali hanno di conservare la propria struttura o di riacquistare la forma originaria dopo essere stati sottoposti a schiacciamento o deformazione. Emmy Werner lo usò per la prima volta nell’ambito di una ricerca sui neonati dell’isola hawaiiana di Kauai, dove aveva riscontrato l’attitudine di far fronte alle difficoltà della vita in contesti sociali sfavorevoli
La resilienza in psicologia è l’abilità di rialzarsi dopo una crisi, più flessibili, più consapevoli e più equilibrati di prima; è l’istinto di superare le sofferenze senza soccombere, traendo apprendimento da quanto patito. E’ un processo di rielaborazione cognitiva, emotiva, comportamentale e spirituale della rappresentazione del dolore che porta a fronteggiare perdite, traumi, lutti con la volontà di ricominciare a costruire, anche se con poche energie.
Si tratta di incontrare la sofferenza, accettarla e trovare forme di elaborazione che permettano alla persona di integrare le parti luce con le parti buie, le risorse con i limiti, e comprendere che l’esperienza traumatica, che rimane scritta nel profondo dell’animo, può divenire occasione formativa. Non significa urlare al mondo quanto sono contento di come sto soffrendo, No, questo no.
Guardare in faccia la realtà, la sofferenza. Trovare risorse, nuove e flessibili per affrontare ciò che di traumatico e doloroso è accaduto. Questo sì!
Ciascuno di noi conoscendo se stesso, può utilizzare risorse che non sapeva di possedere. Attraverso la resilienza non si va verso il dolore e l’autodistruzione, ma si va verso una diversa consapevolezza di se.
Una psicologa, Edith E. Grotberg, studiosa di resilienza, ha proposto un modello per superare le situazioni traumatiche fondato su: I have, I am, I can. Io ho risorse, io sono, io posso affrontare.
Ciascuno di noi possiede questo atteggiamento sin dalla nascita lo dobbiamo solo affinare e sviluppare come hanno fatto Giusy Versace, Annalisa Minetti e tante persone comuni come i genitori della tabaccaia uccisa ad Asti. Ciascuno con la sua modalità che gli permette di andare avanti nonostante ciò che gli è accaduto. meccanismi comportamentali che non sono più funzionali alla vita.
Bibliografia
- Elena Malaguti – Educarsi alla resilienza. Come affrontare crisi e difficoltà e migliorarsi – Ed Erickson (2005)
- Giorgio Nardone, Alessandro Salvini – Dizionario Internazionale di psicoterapia – Ed Garzanti (2013)
Sitografia
http://www.doppiozero.com/materiali/chefare/resilienza-larte-di-adattarsi
http://www.nonterapia.ch/tre-eventi-eccezionali-sabato-7-febbraio-a-milano-a-partire-dalle-18-30/
http://www.nonterapia.ch/tre-eventi-eccezionali-sabato-7-febbraio-a-milano-a-partire-dalle-18-30/
15 Lug 2015
Due numeri in meno
“Lo sforzo…va bene per chi è stitico”
Jorge Bucay
Un uomo entra in un calzaturificio e un gentile commesso gli si avvicina:
«In che cosa posso servirla, signore?». «Vorrei un paio di scarpe nere come quelle in vetrina.» «Certo, signore. Vediamo: il numero che cerca dev’essere il quarantuno, vero?» «No. Mi dia il trentanove, per favore.» «Scusi, signore. Sono vent’anni che lavoro in questo campo e il suo numero dev’essere il quarantuno. Forse il quaranta, ma non il trentanove.» «Il trentanove, per favore.» «Scusi, permette che le misuri il piede?» «Faccia come vuole, ma io voglio un paio di scarpe numero trentanove.» Il venditore tira fuori da un cassetto quello strano aggeggio che si usa nei negozi di
scarpe per misurare i piedi, ed esclama tutto soddisfatto: «Ha visto? Glielo dicevo io: quarantuno!«Senta un po’, chi è che paga le scarpe, io o lei?» «Lei.» «Bene. Allora mi vuole dare il trentanove?» Il venditore, rassegnato e sorpreso, va a prendere un paio di scarpe numero trentanove. Lungo il tragitto ha un’illuminazione: le scarpe non sono per quell’uomo, le vorrà certamente regalare. «Signore, eccole qui: trentanove, e nere.» «Mi dà un calzascarpe?» «Intende metterle?» «Sì, certo.» «Sono per lei?» «Sì! Mi dà un calzascarpe?» Il calzascarpe è indispensabile per riuscire a far entrare il piede in quella scarpa. Dopo vari tentativi e posizioni ridicolissime, il cliente riesce a far entrare tutto il piede nella scarpa. Tra esclamazioni di dolore e grugniti muove qualche passo sul tappeto, con sempre maggior difficoltà. «Va bene. Le prendo.»
Il venditore sente male ai propri piedi pensando alle dita del cliente compresse dentro alle scarpe numero trentanove. «Faccio un pacchetto?» «No, grazie. Le tengo su.» Il cliente esce dal negozio e attraversa alla bell’e meglio i tre isolati che lo separano dal posto di lavoro. Fa il cassiere in una banca. Alle quattro del pomeriggio, dopo avere passato più di sei ore in piedi con quelle scarpe infilate, ha il viso stravolto, gli occhi arrossati e le lacrime scendono copiose dai suoi occhi. Il collega della cassa a fianco l’ha osservato per tutto il pomeriggio ed è preoccupato per lui. «Che cosa c’è? Ti senti male?» «No. Sono le scarpe.» «Che cos’hanno le scarpe?» «Sono strette.» «Come mai? Si sono bagnate?» «No. Sono due numeri in meno del mio piede.» «Di chi sono?» «Sono mie.» «Non capisco. Non ti fanno male i piedi?» «Mi fanno male da morire, i piedi.» «E allora?» «Ti spiego» dice, deglutendo. «La vita non mi dà grandi soddisfazioni. In realtà, negli ultimi tempi, sono pochi i momenti gradevoli.» «E allora?» «Queste scarpe mi fanno male da morire. Soffro terribilmente, è vero… Ma tra qualche ora, quando arriverò a casa e me le toglierò, t’immagini il piacere? Dio che piacere! Che piacere!
[…]
Occorre disinnescare una trappola che ci hanno inculcato nel cervello fin da quando eravamo piccoli…
Ha valore solo quello che viene conquistato con lo sforzo.
Questo è il nostro percorso educativo. […]
Questa storia estremizza un pò, è vero. Ma…Pensaci bene, nella vita ci sono patimenti che ci infliggiamo a causa dell’educazione che non sono necessari, che seguono semplicemente una falsa educazione.
Che cosa avrebbero pensato gli altri se non fossi andato a quella riunione? Se non dimostravo gratitudine a quell’uomo che consideravo una creatura spregevole? Se rispondevo no ad una richiesta semplicemente perché non mi andava di soddisfarla? Se mi concedevo il lusso di lavorare quattro giorni alla settimana rinunciando a guadagnare più soldi? Se andavo in giro senza essermi fatto la barba? Se mi rifiutavo di smettere di fumare finché non mi fosse venuto naturale? Se…
Bibliografia
Jorge Bucay, M. Finassi Parolo – Lascia che ti racconti: Storie per imparare a vivere (BUR Psicologia e società)
22 Feb 2016
Sano è bello! E quanto è bello litigare in modo sano
Vuoi fare una bella e sana litigata? Perchè ci sono litigate sane e litigate meno sane? Eh si! Camillo Loriedo afferma che non si devono evitare i litigi.
Ci sono alcuni punti da tenere presenti:
Litigare su ciò che è capitato, evitando di cadere in basso offendendo la persona. Non ti dimenticare che Eleonor Roosevelt diceva “Grandi menti parlano di idee, menti mediocri parlano di fatti, menti piccole parlano di persone”.
Hic et nunc…
Qui ed ora! E non togliere i morti da sottoterra come diceva la mia mamma. Litiga e discuti su ciò che è avvenuto ora. Non mettere troppa carne al fuoco. Rischiate di perdere l’argomento della litigata. E invece di avere un esito positivo si raggiunge un gran pastrocchio.
…poi dipende da cosa vuoi raggiungere litigando.
Te lo sei mai domandato? Vuoi ottenere di infervorare ulteriormente gli animi? Offendi! Vuoi avere ragione a tutti i costi? Vuoi vincere? Fai in modo di avere l’ultima parola…anche con mezzucci. Vuoi che lui o lei rimanga sempre con te? Umiliati! Dagli ragione e di che è tutta colpa tua, senza neanche analizzare o discutere! Per ovviare a questi disastrosi modi di litigare. Orientati al risultato che vuoi ottenere
Non coinvolgere amici, parenti e conoscenti.
In parole povere?
Le parole giuste, al momento giusto, possono far crescere una relazione e far intravedere nuove possibilità. Le parole sbagliate, al momento sbagliato possono confondere e limitare, danneggiare e ferire.
Comunicare chiaramente è sinonimo di rispetto. Solo attraverso il rispetto si arriva ad amarsi e amare l’altro.
E se vuoi continuare la lettura clicca sui link qui sotto:
C’è un elefante in salone
Non mi lasciare per uno str…..Solo IO posso darti la felicità