28 Apr 2020
La triste storia dell’elefantino tratta da Lascia che ti racconti: Storie per imparare a vivere
Quando ero piccolo adoravo il circo, mi piacevano soprattutto gli animali.
Ero attirato in particolar modo dall’elefante che, come scoprii più tardi, era l’animale preferito di tanti altri bambini.
Durante lo spettacolo quel bestione faceva sfoggio di un peso, una dimensione e una forza davvero fuori dal comune…
Ma dopo il suo numero, e fino a un momento prima di entrare in scena, l’elefante era sempre legato a un paletto conficcato nel suolo, con una catena che gli imprigionava una delle zampe. Eppure il paletto era un minuscolo pezzo di legno piantato nel terreno soltanto per pochi centimetri. E anche se la catena era grossa e forte, mi pareva ovvio che un animale in grado di sradicare un albero potesse liberarsi facilmente di quel paletto e fuggire.
Era davvero un bel mistero.
Che cosa lo teneva legato, allora? Perché non scappava? Quando avevo cinque o sei anni nutrivo ancora fiducia nella saggezza dei grandi. Allora chiesi a un maestro, a un padre o a uno zio di risolvere il mistero dell’elefante. Qualcuno di loro mi spiegò che l’elefante non scappava perché era ammaestrato. Allora posi la domanda ovvia: «Se è ammaestrato, perché lo incatenano?». Non ricordo di avere ricevuto alcuna risposta coerente. Con il passare del tempo dimenticai il mistero dell’elefante e del paletto, e ci pensavo soltanto quando mi imbattevo in altre persone che si erano poste la stessa domanda.
Per mia fortuna, qualche anno fa ho scoperto che qualcuno era stato abbastanza saggio da trovare la risposta giusta: L’elefante del circo non scappa perché è stato legato a un paletto simile fin da quando era molto, molto piccolo.
Chiusi gli occhi e immaginai l’elefantino indifeso appena nato, legato al paletto. Sono sicuro che, in quel momento, l’elefantino provò a spingere, a tirare e sudava nel tentativo di liberarsi. Ma nonostante gli sforzi non ci riusciva perché quel paletto era troppo saldo per lui. Lo vedevo addormentarsi sfinito, e il giorno dopo provarci di nuovo, e così il giorno dopo e quello dopo ancora…
Finché un giorno, un giorno terribile per la sua storia, l’animale accettò l’impotenza rassegnandosi al proprio destino. L’elefante enorme e possente che vediamo al circo non scappa perché, poveretto, crede di non poterlo fare. Reca impresso il ricordo dell’impotenza sperimentata subito dopo la nascita. E il brutto è che non è mai più ritornato seriamente su quel ricordo. E non ha mai più messo alla prova la sua forza, mai più…
da “Lascia che ti racconti: Storie per imparare a vivere (BUR Psicologia e società)” di Jorge Bucay, M. Finassi Parolo
30 Apr 2020
Grazie Grimilde per tutto ciò che hai fatto per me
Stamattina avrei voluto postare un’altro articolo, tuttavia… giro la pagina del calendario e si staglia davanti agli occhi e alla mente questa frase meravigliosa…
I calci nel cuore da parte di persone che dichiarano di amarci, è un tema che mi sta particolarmente a cuore professionalmente e personalmente.
Prendi Biancaneve poveretta. Lei nasce e la madre buona muore. A sette anni arriva a casa sua, Grimilde gelosa, qualche problemuccio col suo prolungamento narcisistico onnipotente, lo deve sicuramente avere avuto. La bullizza impietosamente, la critica, mina giornalmente la sua autostima, è costantemente di malumore, sottilmente colpevolizza la povera Biancaneve, usa l’arma del silenzio per farla capitolare.
Già me la sento, mentre si passa la crema antirughe sul collo. Non sei in grado neanche di tagliare il pane. Ti sta venendo il c… grosso. Non dimagrirai mai. Faccio gli auguri a tua cognata per la festa della mamma. Tu non sei in grado neanche di farmi diventare nonna. Sei sempre in ritardo come tua zia e tuo padre che non hanno concluso niente nella vita (un colpo e tre cadaveri). Bevo perché mi fai innervosire. Ho la gastrite per colpa tua. L’ho raccontato a tua madrina. Sai cosa ha commentato? Rimarrai sola. Continuando così non ti laureerai mai. Sono inciampata perché mi hai fatto arrabbiare
Le tattiche strategiche sono infinite e possono essere personalizzabili e intercambiabili a seconda delle situazioni.
Tuttavia, Grimilde commette il terribile errore di voler togliere a Biancaneve qualcosa di importantissimo.
Oh! Finalmente, crea uno stato di bisogno. Biancaneve desidera, desidera qualcosa. Dentro quella casa non si può cantare, giocare e raccontare senza essere criticati o aggrediti. Non si può fare una torta. Se la fai e viene bene, sporchi la cucina, perdi tempo. Se la fai e viene male, non sei buona a niente, sprechi tempo e soldi. Insomma non vai mai bene.
Grimilde la caccia, la vuole immobile come se fosse morta.
Povera Biancaneve si sente sola, con il chiacchiericcio dei vicini, gli sguardi di parenti famelici di rivalsa. Finalmente semi libera, poco poco cosciente che quella situazione non le piace, si rimbocca le maniche e va a servizio dai sette nani. Una Principessa che va a servizio…
Grimilde per esistere ha bisogno di Biancaneve e allora tenta il tutto per tutto.
Si trasforma in una dolce e gentile vecchietta carica di sentimenti di invidia, vendetta, odio. E’ irrazionale, manipolativa, seduttiva. Vuole Biancaneve tutta per sè. Ha bisogno di quella miserella per poterla cannibalizzare della sua fresca energia. Se Biancaneve pascola dentro casa, impasticcata di ansiolitici, Grimilde può lavarle i vestiti sentirsi giovane e nello stesso tempo incolparla che non fa niente e non sa fare niente.
Inganna Biancaneve per ben tre volte: le stringe il corsetto con un nastro e le pettina i capelli con un pettine avvelenato. La terza è apparentemente fatale. Le fa talmente tanto male che Biancaneve muore.
Mmmmh, mah…I conti non tornano. E’ morta, ma il corpo non imputridisce.
Non tutto è perduto. Negli anni in cui sta dentro la teca costruita dai nani, sviluppa saggezza, diventa consapevole, e impara ad amarsi. Nel suo cuore arriva Azzurro, in grado di sconfiggere il più malefico dei malefìci il sentimento di bassa autoefficacia. Si laurea, cerca e trova lavoro, si compra un castello, degno di una Principessa. E vissero tutti felici e contenti
Ecco…Se Grimilde non avesse creato con il suo comportamento una brutta frattura Biancaneve non avrebbe scoperto che ci sono altri tipi di relazioni, altri modi di vivere in famiglia.
Non ci sarebbe stato un lieto fine.
Grazie Grimilde e grazie a tutte le Grandi Madri che ho incontrato nella vita. Grazie di cuore, senza di voi come dico spesso non sarei riuscita a farmi muscoli e carattere per salire i livelli del grande videogioco che è la vita
Riferimenti bibliografici e non
Erich Neumann, La Grande Madre, Casa Editrice Astrolabio
Erich Neumann, La psicologia del femminile, (Il flauto magico), Casa Editrice Astrolabio
Fratelli Grimm, Fiabe, Fabbri Editore
Annamaria De Pace, Calci nel cuore, Sperling & Krupfer Editori
Bruno Bettelelheim, Il mondo incantato, Saggi Universale Economia Feltrinelli
Film Biancaneve (2012) di Tarsem Singh